“Achtung Baby”, il primo disco degli anni Novanta degli U2, è al tempo stesso divisione, cambiamento e rinascita. Non come tre fasi distinte, bensì come una tempesta che sopraggiunge di notte, sradica questi tre elementi da terra, li frantuma in tanti detriti e li fa collidere in un vortice di arte e caos che travolge la band.
Per la prima volta – forse l’unica – gli U2 si spaccano a metà ed erigono un muro. Da un lato, la parabola discendente della sezione ritmica, con Adam Clayton che, perso tra superbia ed eccessi, da leader carismatico si trasforma in una mina vagante, e Larry Mullen Jr., fondatore del progetto, che non riconosce più la sua creazione. Dall’altro lato, la spinta progressista della sezione melodica, con The Edge ciecamente ammaliato dal mondo elettronico e krautrock di Berlino, e Bono sempre più deciso ad abbandonare i toni politici e idealisti per addentrarsi nel lato più cinico e oscuro del proprio spirito.
Potrebbe essere la fine degli U2, una lunga notte in grado di inghiottirli e fagocitarli, invece Larry, Adam, David e Paul si lasciano avvolgere da quell’oscurità e, nella sua ombra, imboccano strade diverse, con tempi di percorrenza diversi, per poi ritrovarsi tutti e quattro nello stesso punto. Quello della loro più entusiasmante rinascita: “Achtung Baby”.
In fondo, che ne sarebbe del progresso, dell’arte e dell’amore, se filasse sempre tutto liscio?
«Won’t you wrap the night around me?»