Dave Grohl, uno dei nomi più imponenti della musica rock internazionale, compie oggi 52 anni. I nostri auguri tra scommesse, ricordi e verità scaturite dal leader dei Foo Fighters.
La mia scommessa persa
2015
Siete degli illusi a pensare che Dave Grohl possa ascoltarvi, esprimere un vostro desiderio. È una star internazionale, non è Babbo Natale. Non è veramente un vostro amico. Capisco che lo possa sembrare, con quel sorrisone a tutta faccia, quell’aria da amicone sul quale puoi sempre contare. Ma non dimenticate mai che la sua è una specie di industria, che il suo mestiere è illudervi, e mai nessuno come lui lo ha fatto così bene. Mai nessuno ci ha fatto credere con così ostinata determinazione che qualsiasi disgrazia possa succederci nella vita non è mai la fine, ma l’inizio di qualcos’altro. Sta a noi renderlo epico. Però ricordate sempre che il suo mestiere è vendere dischi e biglietti dei suoi concerti a più persone possibile.
Avete fatto una cosa molto carina, lo ammetto, suonare in mille una delle sue canzoni. Ma chiedergli di venire a Cesena per suonare nel vostro pratuccio di casa? Risata amara. Non lo farà mai. Credete a me, che ne ho viste di cose nella musica. Mai e poi mai un artista di quel calibro scenderà dal suo piedistallo e verrà a cantare e suonare per voi, per noi. Il suo tour è già bello che programmato, passerà anche dall’Italia, è tutto scritto ed è giusto così. Non si cambia un copione per poche anime. Posso scommettere quello che volete, e tra rockstar ed essere umano, punto i miei soldi sulla prima. Credete alle mie parole e ricordatele in futuro: i Foo Fighters non raccoglieranno mai l’invito, non suoneranno mai a Cesena.
Daniele Corradi
Lui, noi, come Rockstar della vita
2019
Nell’album dei ricordi dedicati alla musica live, in una delle pagine fondamentali e imprescindibili, campeggia un’immagine stampata a grandi dimensioni, a definizione elevatissima. “Sziget 2019, Foo Fighters”, c’è scritto, sul bordo destro. Una distesa di persone, un palco illuminato, Dave Grohl che si sporge, come invito, come inchino, verso un ragazzo su una sedia a rotelle che plana di mano in mano, dal pubblico al main stage. Nelle battute finali del concerto è stato lui ad avere il prestigioso compito di lanciare la chitarra, affidatagli dal frontman, ed innescare il boato di novantamila voci.
Una rockstar che investe l’essere umano del titolo di rockstar della vita, di eroi del quotidiano. È questa l’incredibile attitudine di Dave Grohl, la personificazione di una legge del contrappasso che da “Exhausted” – trasmessa per la prima volta, nell’ottobre del ’94, dalla radio pirata di Eddie Vedder – non ha mai smesso di dettare le regole della ricerca imperitura di energia, di coraggio, di sogni. Dal seggiolino vuoto della batteria di una delle band più influenti di tutti i tempi alle cavalcate fino al microfono brandendo la sua spada blu, in qualità di leader di uno dei gruppi contemporanei più celebrati. La perdita dalle tinte abissali, dalla potenza accecante del sole non potrà mai essere del tutto superata. La sfida, però, è andare avanti, continuare anche in suo onore. È una promessa da rinnovare di anno in anno, ad ogni nuovo principio. Non solo attraverso parole concatenate ma con fatti concreti, battendo i piedi a terra, scompigliando i capelli, fili elettrici da cui esplodono idee per inventare e reinventarsi. Perché quelli come lui non sono nati per tornare indietro, non esiste via di ritorno. A materializzarsi sono, piuttosto, il miracolo di un vagito, l’alba di una seconda possibilità, il desiderio di non smettere mai di imparare. Imparare di nuovo ad amare, ad intendere, colorare e dare forma all’esistenza. Soprattutto in momenti come questi. Vietato fermarsi, vietato interrompere il cammino. Anche quando le forze sembrano svanite, anche quando le ginocchia sono soffocate dal fango. «Non voglio morire, non vorrò mai». L’estasi di un barlume di onnipotenza che si dispiega nel suo esempio, nelle sue canzoni e in quella formula che annuncia l’inizio dello spettacolo: «Are you ready? Are you fuckin’ ready?». Una domanda retorica, un grido di battaglia a cui non possiamo rispondere «no». Non dobbiamo rispondere «no».
Laura Faccenda
La mia scommessa vinta
2021
Nel 2015, l’anno dei Rockin’1000 e di Cesena, avevo 24 anni. Non c’era ancora la traccia di alcun germoglio di cinismo in me, perciò ci ho creduto fin da subito. Ho scelto di sognare. Un amico con qualche anno in più sul groppone, con una risata amara, mi diceva: «Non lo farà mai. Credi a me, che ne ho viste di cose nella musica…». Sapevo che la logica era dalla sua, ma l’iperuranio era il mio regno e quell’idea la sentivo davvero viva. Forse neanche per merito dei 1000 e del loro video. Era una questione di tempismo ed equilibrio. Doveva succedere qualcosa in quel periodo e il mio sistema limbico individuava quel “qualcosa” come un “sì” di Dave Grohl a quella richiesta folle: i Foo Fighters avrebbero suonato a Cesena, in un piccolissimo palazzetto, per uno dei fuori programma più incredibili di sempre.
Ho avuto la fortuna di prendere parte a quell’evento irripetibile e ci sono andato anche con quel mio amico, quello cinico, che alla sua risata amara ha lasciato subentrare un sorriso di meraviglia di fronte all’inaspettato. «Siete matti. Poteva succedere solo qui in Italia», disse quella sera Dave dal palco, come un eroe dal suo “Trono di Chitarre”. La verità è che poteva succedere ed è successo. E a renderlo reale è stato l’essere umano, indivisibile dall’artista, che ha tracciato davanti a sé una linea, magari non sempre perfettamente retta, ma continua, decisa, marcata. Una linea passata attraverso insicurezze, lutti, sconfitte, imprevisti, ma sempre diretta verso un orizzonte di salvezza, bellezza e vita vera.
Oggi ho trent’anni, ho smesso di credere a tante cose, ma quella scommessa vinta è un promemoria indelebile di una verità tanto semplice quanto potente: Dave Grohl a volte salva la musica, la musica a volte salva la vita.
Umberto Scaramozzino
Buon compleanno, Dave!